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Aprite un settimanale e contate quante pubblicità di moda hanno i gatti come protagonisti o comparse. Il fenomeno ha circa un anno e sembra non esaurirsi ancora.
Avete mai pensato a un gatto?
Non gli esemplari veri in vibrisse e fusa, ma quelli che da almeno un anno sfilano su tutte le passarelle, alta moda compresa.
I gatti si sa, sono creature eleganti di loro. E gli stilisti sembrano esserne assai affascinati. Tanto che quest’anno Givenchy ha addirittura dedicato la sfilata a loro. Col motto “Trova il gatto” l’idea è quella di consentire una partecipazione democratica dell’alta moda. Così le vie di Parigi, Milano e Londra sono state invase da locandine con il gatto, che è anche il protagonista dell’ultima campagna stampa della maison. Givenchy è così appassionato di questi animali che - il regista incaricato del video pubblicitario, Steven Meisel - ha scovato nella collazione dello stilista, una nutrita serie di serigrafie gattesche, a partire dal 1953.
Altro stilista, Gabbana Stefano. Sul suo profilo Instagram compaiono continuamente le fotografie dei suoi gatti bengala: Zambia e Congo. Ma la gatta glamour più pagata è ancora Choupette che ha 5mila fan su Twitter (certo che avere un gatto che ‘twitta’ è possibile solo nella Rete) ed è la musa di Karl Lagerfeld. Da notare che è la protagonista nella pubblicità per una casa di cosmetici giapponesi, umani ovviamente e addirittura di un’automobile tedesca.
Ma lasciamo le passerelle e viaggiamo per l’Italia gattesca…sapete cosa hanno in comune Piazzolo nell’Alto bergamasco e Patù ai confini della Puglia, estremo lembo di Santa Maria di Leuca?
Scaltri come i gatti sono definiti gli abitanti bergamaschi e invece lo stemma pugliese raffigura un gatto agile e attento con una preda tra i denti. Una presenza che ritorna nei detti locali: a Patù quattu musci suntu. Ovvero a Patù sono solo in quattro gatti e ricorda un fatto storico per questo paese con poche anime da sempre. Il paese avrebbe ottenuto consistenti benefici economici se si fosse rivelato popoloso. Il funzionario arrivò per fortuna il giorno della processione di San Michele. Gli abitanti, scaltri come l’insegna comunale, per apparire numerosi, legarono un gatto allo stendardo della processione e ogni tanto tiravano una cordina legata alla coda, a simulare un rumore, dicono le cronache, di ‘mille e più persone’. Ma anche gli abitanti de La Villa, vicino a Corvara in Alta Badia, sono chiamati gatti. E da qui prende il nome il 'muro del gatto' o Mur dl giat, una pendenza del 19% riservato ai corridori del Medio e del Lungo della corsa delle Dolomiti. Mare monti e passarelle....senza gatti come faremmo?!
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