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Davanti a San Guido, stava quello.
Io davanti alle uova.
Non so se sia nato prima l’uovo o i DPCM, ma sta di fatto che, dopo marzo, non ho trovato le uova. Ancora. Due giorni fa.
Preciso: gli scaffali erano vuoti, si vedeva il muro.
Seconda precisazione: mangio un uovo o due a settimana e non faccio la sfoglia, mani troppo calde, stile pranoterapeuta più che sfoglina (di questa, semmai, le forme).
A marzo so di persone che avevano in casa 42 uova ed erano 2 in famiglia. La matematica non è il mio forte, ma mi pare una proporzione alta, quasi tossica, per persona. Le uova poi hanno una scadenza, quindi non le puoi portare nel nuovo anno. Dante ne era assai ghiotto e il malinconico Leopardi ne aveva sempre in dispensa, dato che si faceva fare frequenti fritture, ma ci son limiti.
Hanno un mucchio di proprietà certo, ma con la moderazione che vale in ogni ambito della vita.
Ho scoperto che sono nei cibi più disparati: fette biscottate e patatine fritte congelate.
Per molto tempo sono stata intollerante a questo cibo finché, una volta, all’Oste Scuro di Brixen, mi vidi portare asparagi bianchi di Terlano, accompagnati da una ciotolina che conteneva una crema gialla, subito identificata dal cameriere come “maionese, la nostra, appena fatta, a mano, con le uova del nostro cortile”.
Pensai subito che in borsa, stranamente, non avevo nulla che potesse contenere il prezioso manufatto per non far scortesie nel tempio della cucina altoatesina e allora pensai “o la va, oppure passerò il resto della vacanza in bagno”.
Avete mai considerato quanti modi di dire contengono l’uovo come ingrediente:
testa d’uovo, rompere le uova nel paniere, cercare il pelo nell’uovo, camminare sulle uova.
Per non dire della pittura.
E penso alla famosa Pala di Brera dove l’uovo è in un complesso di rimandi alla Vergine Maria e alla rinascita, che tanto ha fatto discutere i critici: è di struzzo, simbolo del figlio del Duca, ma no il pittore voleva alludere alla perla, per sottolineare che è generata senza interventi umani.
“Ah signorina, sti ovetti di struzzo li deve chiedere alla cassiera, perché causa Covid, ne diamo solo uno a famiglia, come per il lievito di birra”.
Tutto è così strano, che potrebbe capitare pure il conto delle uova di struzzo, come una fiaba, come il Pulcino cosmico, finito sulla Terra per aver rotto l’uovo …volante. Temo però che la fiaba odierna sia diversa da questa scritta da Rodari, e a noi forse non resta che invocare l’extraterrestre di Finardi, che ci venga a prendere.
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